In che punto la leggenda incrocia la strada della religione e del culto per poi arrivare nella fiaba?
Per poi veder arrivare l’arte che con la sua magia trasforma una storia in una splendida scena da ammirare ed apprezzare.
Oggi Fairy Tale vuole parlare di una storia fra le più classiche, capostipite di un concetto base che tutt’oggi, nonostante tutto, domina ancora l’immaginario collettivo, la fantasia psicologia e la speranza intrinseca di ognuno di noi.
Parliamo della storia di San Giorgio e il Drago.
La storia di per sé proviene dalle file del mondo agiografico, ovvero da una raccolta accurata delle storie e delle vicende dei Santi più importanti.
Questo volume, la Legenda Aurea, fu scritta da Jacopo da Varazze a partire dal 1260 fino al 1298. anno di morte del frate. Essa rappresenta un documento attendibile e ricco di dettagli per quella che divenne la descrizione dei santi attraverso l’iconografia artistica.
Qui la storia di San Giorgio viene raccontata con molti particolari:
La sua nascita in Cappadocia, l’educazione cristiana, i viaggi per portare il Verbo Cristiano, il martirio ed infine il culto.
Lo scontro, secondo il racconto di Jacopo da Varazze, avvenne in un città della Libia che era ostaggio di un mefitico drago, il quale viveva in un grande stagno. La sua presenza appestava e faceva morire uomini e animali così per calmarlo gli offrivano in dono pecore e in seguito fanciulli.
San Giorgio combatté il Drago, guidato dalla mano di Dio e salvò la figlia del re della città, che stava per essere divorata: in cambio ottenne che la città si convertisse.
Da questa leggenda San Giorgio divenne uno dei santi più riconosciuti e venerati dal mondo Cristiano, anche in quello Ortodosso e persino nella agiografia islamica, che lo riconosce come Profeta.
All’interno della sua storia vi sono due elementi fondamentali che lo resero adatto a ricoprire un ruolo così importante, addirittura per più di un culto: il combattimento contro una creatura sovrannaturale dalle connotazioni indubbiamente malvagie; e il discorso della conversione di una intera città.
A differenza di altri Santi, qui vi è una forte presenza di elemento maligno che si manifesta con la figura del drago; mentre in altri culti, il Santo o il martire, dimostrano la propria devozione in maniera più sottile, con il solo impiego della fede e della resistenza alle pressioni che i carnefici infliggono.
La figura dell’eroe che combatte contro un mostro è decisamente nota: nella mitologia greca Ercole combatte contro l’Idra di Lerna oppure Perseo contro un mostro marino che minaccia una città e salva la principessa Andromeda. Ed ancora altri Santi si ritrovano ad avere a che fare con un Drago, come San Giulio, Santa Marta o San Michele.
La vicinanza della parola stessa “drago” derivante dal latino “draco” e a sua volta da δράκων (drakon) che significa “serpente”, rende la figura del mostro alato un riferimento, neanche troppo velato, a qualcosa di strisciante e infido: un riferimento al maligno.

Giorgio (ed altri) oltre ad essere santi, sono eroi che sconfiggono il male. Il male in senso generico, tutto ciò che può essere negativo, fino a sfociare al concetto di male come “diavolo” e “inferno”.
A partire dal Medioevo, il culto di “cacciare la bestia” diventa non solo iconografia mentale devota ma anche immaginazione narrativa. L’immagine del Santo si sposò in maniera quasi automatica con l’immagine dei cavalieri che facevano parte della realtà quotidiana e sociale.
L’associazione positiva del cavaliere si contrappose al male della bestia spaventosa e infernale. E divenne una tematica di base per i racconti.
Divenne l’eroismo fiabesco in cui un cavaliere (talvolta un principe), ovviamente buono e valoroso, combatte contro un mostro e salva un essere innocente come un bambino o una principessa – che inevitabilmente diventa oggetto d’amore e ricompensa dell’eroe.
L’opera che abbiamo scelto per San Giorgio e il Drago è la versione di Gustave Moreau del 1889.

Una versione Simbolista (Moreau fu considerato un precursore di questa corrente) del mito di San Giorgio e il Drago, in cui l’atmosfera è intrisa di una morbidezza che vela la dinamicità e la crudezza dell’azione in corso. Tutto è estremamente delicato e ovattato e allo stesso tempo chiaro e definito.
La regalità del cavaliere è descritta dai paramenti ingioiellati del suo cavallo, mentre la principessa è agghindata come una regina bizantina. Nell’atto di pregare verso il cielo in un modo quasi mistico.
Si tratta anche del celebre sincretismo di Moreau, che riusciva a far dialogare elementi più diversi, con il fine proprio di far emergere quella simbolicità unica che aveva descritta Baudelaire.
Perché al pari dell’arte, anche qui di ibridi si tratta: dalla leggenda devozionale, al culto, dalla canzone al poema cavalleresco. Fino ad arrivare alla fiaba e ai simboli che essa contiene.
Il principe azzurro eroe delle nostre storie, senza macchia, sempre buono e che fa la cosa giusta. Figura che ha dato vita a molti principi delle odierne favole e poi ancora a film e cartoni.

Il bello della fiaba è che possono esserci degli ostacoli e dei mostri inimmaginabili. Ma l’equazione che trapela da esse, la loro forza vitale, è che il bene trionfa sempre e che vi è una giustizia per tutti.
Per questo ci piacciono tanto, fanno bene al cuore.
Fairy Tale – “San Giorgio e il Drago”
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