Se la sensibilità cambia a seconda delle stagioni, mi domando cosa significhi la sensibilità nella stagione d’autunno. E non parlo solo di come la si vive. Parlo di come la si rappresenta attraverso forme d’arte.
Le stagioni sono un fatto naturale e benché qualcuno tenda a negarle, continueranno ad esistere fintanto che la Terra continuerà a girare.
C’ é chi dice (con innato spirito di originalità) “che le mezze stagioni non esistono più”. In verità le mezze stagioni esistono, solo che le persone sono troppo distratte, esigenti e incontentabili per accorgersene.
Ognuno di noi percepisce le stagioni in modo diverso. Ma nell’ideale collettivo vi sono degli elementi che sono uguali per tutti, altri anche fin troppo ovvi da negare. Per questo le stagioni si possono descrivere con una serie di parole chiave, comunemente accettate da tutti.
Parole per libera associazione.
Inverno: neve, freddo, Natale, sciarpa, cappotto, bianco.
Estate: caldo, mare, vacanza, amici, gelato, anguria, acqua, giallo.
Primavera: fiori, rosa, prato, natura, gita, verde, Pasqua.
Non per niente, nella storia dell’arte, rappresentare le stagioni era una cosa tipica e anche piuttosto riconoscibile nelle varie iconografie. Il che significa che, fin da quando l’uomo è esistito e ha potuto fornire una sua propria interpretazione al concetto di stagione, queste sono state identificate con caratteristiche specifiche.
Basti pensare alle meravigliose figure di Giuseppe Arcimboldo, le quali riuscivano addirittura a sublimare un intero ritratto e a renderlo eloquente, e suggestivo.
Giuseppe Arcimboldo
“La Primavera“
1573Giuseppe Arcimboldo
“L‘Autunno“
1573Giuseppe Arcimboldo “L’Inverno“
1573Giuseppe Arcimboldo
“L’Estate”
1573
Questo perché, sul piano percettivo e psicologico, le stagioni sono ben più che periodi legati al mese in corso.
Sono stati d’animo con ben precisi significati; sono complessi sistemi di suggestione sui quali si basano le scelte stilistiche di molte cose:
dalle più semplici, come il tipo di colori che usiamo per vestirci al tipo di musica che ascoltiamo, al tipo di cibo che consumiamo.
Alle più complesse, come ad esempio l’ispirazione e la suggestione che guidò molti artisti a dipingere. O anche meglio, a scegliere di rappresentare una stagione piuttosto che un’altra.
Ed è di questo che si occuperà questo articolo: di come una stagione in particolare agisce sul sistema percettivo e poi emotivo e di come questo influsso può portare alla creazione di opere di sublime bellezza.
In particolare, grazie alla più profonda, sfaccettata e caleidoscopica delle stagioni.
L’autunno

Cominciamo con il dire che vi è una fortissima correlazione fra una stagione e l’impatto che questa ha sul nostro sistema emotivo e psicologico. Da qui l’equazione “stagione – percezione – ispirazione artistica“
Ma perché proprio l’autunno? In questo caso si tratta di una scelta assolutamente personale: ritengo che non ci siano periodi come questo in cui è possibile godersi una sintesi di bellezza naturale e al tempo stesso di lucida e soave profondità delle cose a noi intorno. L’arrivo del primo fresco, ma anche la ripresa delle attività, ci fa tornare in una dimensione più intima. Sentiamo di più il bisogno di calore – sia esso termico che umano- ma anche di crearci una sorta di dimensione confortante. Attraverso cose come il cibo, la musica, l’atmosfera.
Ritroviamo quel piacere nello stare a casa, anche da soli, andiamo alla ricerca di quello che io chiamo “il morbido emotivo“.
Lo stare a contatto con noi stessi ci rende inevitabilmente più sensibili: la voglia di stare in pochi o da soli scatena in noi un bisogno di interfacciarci con noi stessi e di fare i conti inevitabilmente con i propri pensieri e con il proprio Io.
Ma questo ci rende più esposti, interiormente parlando. Molti hanno timore di restare da soli con il proprio profondo e di avere tempo per riflettere. Si compensa questo atteggiamento in molti modi, ad esempio cercando più compagnia.
In ambito psicologico, è stato analizzato questo cambio di umore legato al cambiamento di una stagione con la voce Disturbo Affettivo Stagionale (SAD, appropriato, visto che in inglese significa “triste”).
Esso viene definito una vera e propria forma di depressione, spiegata dalla presenza minore di luce solare in relazione ai neurotrasmettitori come serotonina e la melatonina.

Il SAD visto in questo modo non spiega tuttavia come mail i medesimi sintomi compaiono anche quando arrivano primavera ed estate. La cosidetta “Summertime Sadness“, che invece molti spiegano attraverso motivi esattamente opposti: il caldo che ci rende fiacchi, la chiusura di molte attività che rende l’atmosfera generale rallentata. E anche il senso di frustrazione per il fatto di non poter andare in vacanza, visto che per status (e per iconografia mentale) l’estate è sinonimo proprio di quello.
Insomma, per molte scuole di pensiero è normale essere in ansia e malinconici tutto l’anno.

A parere mio, l’autunno è invece un momento in cui né il freddo né il buio sono tali da giustificare la tristezza.
L’autunno è una stagione in cui invece il sole è ancora caldo e con una luminosità estiva che tuttavia si fonde con le modifiche cromatiche della Terra. Percettivamente, è la natura a cambiare, non il sole.

Tutto questo (influenze, corrispondenze predefinite, stati d’animo, cambiamenti umorali, suggestioni, tradizioni, iconografie mentali ed artistiche, atteggiamenti, personalità) ha dato vita ad una serie di opere spettacolari in cui l’autunno si trasforma in un protagonista o in una scenografia, in un intento di suggestione tattile o di influenza mentale.
Prendiamo ad esempio le due opere di Edward Munch presenti qui sopra. Distanti temporalmente 12 anni, rappresentano due momenti diversi dell’autunno. La pioggia e un pomeriggio placido in una foresta.
Sebbene l’artista sia il medesimo (con tutto quello che concerne la sua poetica e il suo retaggio emotivo sempre presenti) vi è una immensa differenza fra le due opere. La frenesia di una pioggia battente e agitata dal vento si sposa con la scena della città e con l’immagine delle persone in balia. Queste stesse pennellate sono alquanto calzanti, a raffica nevrotica, che ricordano un Monet anche se qui la carica impressionista invece di essere naturalistica e piuttosto mentale e percettiva.
Di tutt’altro stampo invece, la scena del bosco. Qui, le pennellate sembrano date con il batuffolo e la sofficità nebulosa della scena rilassa indubbiamente l’occhio. Anche quello del pittore.
La differenza -oltre all’intento- sta nel teatro in cui si svolge la scena. In città l’autunno è una manifestazione frenetica di un’ansia vibrante, in cui le persone non vedono il viso degli altri e ognuno di loro è una entità impersonale. A contatto con la Natura, la stagione si addolcisce e le sue caratteristiche cambiano. Non è più il livore del freddo e dell’umido ma il calore dei rossi e degli aranci che si sposano con la tranquillità di due personaggi che camminano in prossimità di un lago.
Torniamo per un momento alle parole-simbolo che servono a descrivere veramente questa stagione. Se provate a immaginare come descrivereste l’autunno, vi saranno cose come:
Bosco – Foglia – Zucca – Cannella – Foresta – Cioccolata calda – Pioggia- Albero – Arancione – Marrone – Freddo– Castagna – Vino rosso – Uva – Fichi – Letargo – Ombrello -Funghi – Vendemmia –
E suggestioni come :

Fra queste parole, alcune si legano ad una porzione della nostra immaginazione destinata alla sfera sensoriale e, più nel dettaglio, a quella sfera che suggestiona il pensiero con l’idea inferenziale del percepire l’autunno in quel modo e le altre stagioni in altro modo.
Di questi elementi, forse uno dei più forti è quello legato alla Natura.
Poiché è in essa che maggiormente si possono toccare con mano le modifiche della stagione. Il contatto con il nostro primo senso di elaborazione percettiva (i sensi) è la cosa più immediata da notare. In particolar modo in luoghi dove ci sono molti alberi, quindi boschi, foreste, parchi e giardini.
L’autunno arriva anche al mare, non v’è dubbio. Tuttavia questo è un contesto che nella nostra immaginazione collettiva non possiede i requisiti cromatici, visivo e percettivi per dare corpo all’autunno.
Benché ci siano molte persone a cui il mare suggestiona ed ispira aspetti come la malinconia e la solitudine -per via della sua isolante vastità- ciò che colpisce maggiormente è legato all’impatto cromatico che agisce sul nostro sistema limbico, il quale a sua volta si lega alle associazioni consce e non a cui ci educano fin da bambini.
I boschi autunnali – l’arrivo del freddo – la ripartenza della scuola – la diminuzione delle attività all’aperto.

Questa ricca interconnessione avviene meno in un contesto come quello del mare, in cui i colori sono meno variegati e variabili.
E’ soprattutto l’ambiente del bosco o del parco il punto focale che attira su di sé la suggestione della stagione e che ispira tutti. Persone, sognatori e artisti.
Vi è una equazione quasi indissolubile fra questo stato d’animo e il tipo di opere che hanno come tema l’autunno, che inevitabilmente recano in sé delle caratteristiche artistiche comunitarie, quasi iconografiche.
Se mettiamo a confronto anche tre opere:
- una del 1893 appartenente al realismo Russo, di Grigoriy Myasoyedov intitolata “Mattina Autunnale” (qui sopra)
- una intitolata “Castello di Frederiksborg da media distanza” del 1837- 38 del paesagista danese Christen Købke (la prima sotto)
- e una dell’artista austriaca Olga Wisinger-Florian intitolata “Foglie che Cadono” del 1900 ca. , la quale rappresentò il suo paese nella corrente impressionista. (la seconda sotto)


Cosa osserviamo?
Sebbene gli intenti, gli stili, le scuole e i paesi fossero molto diversi, troviamo che queste opere (così come le opere di Munch) hanno tutte un rapporto con la Natura molto stretto: il bosco, gli alberi sono gli assoluti dominatori della scena; talvolta i colori si impastano fra di loro per creare quel miscuglio unico di tonalità e l’occhio del pittore non è concentrato su un dettaglio ma sul complesso.
Questo perché -fateci caso – rispetto a scene estive e primaverili, dove cercano di colpirvi con la freschezza e i dettagli di vari fiori in rigoglio, qui la natura sta subendo una sorta di affascinante e malinconico declino, che vi spinge da una parte a guardare ma dall’altra a imitarla, andandovi a racchiudere in quel “morbido emotivo” che accompagnerà i mesi a venire.
L’autunno nelle opere è straordinariamente evocativo. Rispetto a rappresentazioni estive – primaverili (dove la natura trionfa) oppure invernali (dove la prevaricazione del silenzio o della solitudine rende l’immagine piuttosto ovattata) in queste opere è come se fossero ammesse dei protagonisti, ma un numero piuttosto ristretto.

Quindi, un dettaglio piuttosto ricorrente in quasi tutte le opere legate all’autunno, anche se contornate di intenti e di stili diversi, è la presenta assolutamente rarefatta di personaggi in queste opere
I quadri che hanno come tema l’autunno hanno pochissimi personaggi.
Guardate fin ora le immagini presentate: due, tre figure umane in tutto per ogni opera.
Fatta eccezione per Munch e la scena cittadina, ma dietro quella scelta, credo vi fosse una intenzionalità di mostrare figure in balia della natura implacabile, un po’ come gli autori dello Sturm Und Drang
Dite che gli autori si sono messi d’accordo? Oppure è proprio l’influenza di questa atmosfera che predilige l’esplosione del dato naturalistico e atmosferico in sfavore di quello umano? Se quello che dicono gli psicologi è giusto, ovvero che una stagione può indubbiamente condizionare il nostro umore e il nostro punto di vista, l’autunno richiede solitudine, malinconia, emotività, silenzio, una dimensione più calda e ovattata, in preparazione al lungo buio e al freddo che ci aspetta.
Possiamo mostrare qualche altro mirabile esempio:




Come si può vedere dai numerosi esempi, la stagione è fiorente, calda ed intrigante in molti modi. Ma persone poche. Nel dipinto setoso di Brendekilde, “Sentiero boscoso in autunno“, una signora seduta sulla panchina guarda in fondo al viottolo scorgendo due persone che si stanno avvicinando. La solitudine di un perfetto scorcio di autunno sta per venire interrotto. Ed anche lì le persone comunque poche.
E’ una meravigliosa quanto spiegabile conseguenza del fatto che questa stagione in particolare vive di una doppia suggestione:
detiene un calore e una cromaticità unica, tutt’altro che tristi. Di cui i pittori si alimentano, come si evince dal modo confusionario di combinare le sfumature autunnali, non solo esclusiva degli impressionisti.
Ma allo stesso tempo emana una sensazione di desiderio di intimità. Una carica percettiva che porta alla riflessione e al volersi chiudere in una dimensione solo nostra. Sarà per il primo freddo, per il primo buio, per la consapevolezza che l’estate è finita ma che ancora non è inverno (anche se sta arrivando).
E’ un ibrido

Se siete d’accordo con quello che dice la SAD, in questo caso l’autunno e la sua atmosfera – anche pittorica- costituiscono una risposta creativa a questa doppia attivazione
calore con un spinta verso una maggiore di solitudine
Se guardiamo all’opera di Daniel Garber appena qui sopra, “Ombre” osserviamo che l’argomento che il pittore vuole suggerire allo spettatore è relativo agli alberi e addirittura alla loro presenza maestosa che si staglia con le ombre sulla casa. L’unico personaggio umano è al lavoro a tagliare la legna ed è addirittura sovrastato da una di queste ombre.
La natura è presente in modo soave ma saldamente radicata nella sua presenza, più forte di quella dell’uomo, che lavora anche in funzione di essa.
Chi di voi vedendo quest’opera non sono stati impressionati dal colore, ma come percezione hanno sentito il freddo della giornata, del fiume vicino, del grigio chiaro della casa. E non hanno pensato magari a come al suo interno potesse esserci un caminetto acceso (la casa ha il comignolo) e di quanto all’interno potesse esserci odore di legna e di castagne.
E da lì torniamo alla nostra equazione di partenza: “stagione – percezione – ispirazione artistica“
Oltre a parlare di percezione e di ispirazione nel ricreare una scena o un paesaggio naturale realistico, molti artisti hanno anche sfruttato questo impatto per creare scene di assoluta magia:

Nel paesaggio di Hishida Shunsō vi è come una atmosfera magica che evapora con la nebbia.

Anche nel caso della Visione d’Autunno di Prouvé (uno degli allievi -fondatori della Scuola di Nancy ) la parte magica non è data tanto dai personaggi o dalla ambientazione: quando dall’atmosfera di impalpabile mistero e dalla presenza minima di personaggi che vagano nella nebbia.
Detto fra noi, una spiaggia baciata dal sole o un bel prato fiorito non funzionerebbero allo stesso modo se dovessimo raccontare una storia misteriosa o una leggenda.
Il paradigma del “mistero” si articola proprio in funzione di uno scenario dove:
1 • i colori mischiati non lasciano allo spettatore la chiarezza di capire quello che vedono
2 • le figure umane (che inconsciamente possono dare sicurezza) sono poche
3 • la visuale è ridotta
4 • la natura vince sugli elementi di civiltà
5 • la sfera cromatica, anche se calda, riesce a trasmettere sensazioni che ci fanno cercare “il morbido emotivo“
Per concludere questa digressione, sulla suggestione psico-emotiva di questa particolare stagione e sul modo di rappresentarla in pittura, una frase di Stanley Horowitz. Che in qualche modo può riassumere il succo del nostro articolo:
L’Inverno è un’acquaforte La Primavera è un acquarello L’ Estate è un dipinto a olio
L’autunno è un mosaico di tutti loro.


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